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Rassegna Stampa

La Giungla di Cemento

Abuṡivismo s. m. [der. di abusivo]. – Nel linguaggio politico e giornalistico, la tendenza a dare all’abuso un carattere sistematico, quasi di normalità (soprattutto con riferimento alle costruzioni abusive e ad altre forme di speculazione illegale).

L’ abusivismo edilizio è una storia antica, una piaga che, in Italia, tra costruzioni ex novo e ampliamenti significativi, produce più di 20mila case ogni anno (attesta il Cresme nel suo rapporto annuale). “È un fenomeno che devasta i luoghi più belli del Paese, manufatti che spesso rimangono allo stato incompiuto di scheletri, villette e alberghi che privatizzano interi pezzi di spiaggia, che sorgono in mezzo ai letti dei fiumi o in aree a rischio idrogeologico. E che si lega a doppio filo alle cave fuorilegge, alla movimentazione terra e al calcestruzzo e alle imprese dei clan. Perché il ciclo illegale del cemento non è solo il costruito dove non si può, ma è anche appalti truccati, opere dai costi esorbitanti per alimentare giri di mazzette, corruzione e speculazioni immobiliari con le carte truccate”.
Tra le regioni italiane, è la Campania a confermarsi prima per numero di reati edilizi accertati, quasi 800 lo scorso anno, più del 15% sul totale nazionale. Un triste primato nella classifica del mattone selvaggio. L’81% dei comuni sciolti in Campania dal 1991 a oggi, vede, tra le motivazioni del decreto, un diffuso abusivismo edilizio, casi ripetuti di speculazione immobiliare, pratiche di demolizione inevase. Il record va alla provincia di Napoli, con l’83% di comuni commissariati anche per il mattone illegale, percentuale che scende al 77% per quelli in provincia di Caserta.

In questa percentuale si inserisce il comune di Casalnuovo di Napoli. L’agglomerato urbano ha occupato gran parte del territorio; la nuova edificazione, infatti, prevalentemente residenziale ed intensiva (circa l’88% degli edifici totali è destinato ad uso abitativo, contro circa il 5% destinato al terziario) si è sovrapposta al tessuto storico imponendosi in modo assolutamente indifferente ai valori e alle qualità dei luoghi.

Ma come siamo arrivati a questo punto? Facciamo un passo indietro.

Il territorio casalnuovese, sino al secondo dopoguerra, era caratterizzato da una quasi esclusiva destinazione agricola (92%); successivamente, si è andato aprendo ad insediamenti produttivi industriali, in parte eredi di tradizioni artigianali sviluppatesi negli anni ’30, nei settori delle calzature e della sartoria, e conseguentemente allo sviluppo commerciale grazie al potenziato supporto infrastrutturale, soprattutto ferroviario. Dal 1974 le frazioni del comune sono state interessate dal massiccio fenomeno dell’abusivismo edilizio, che ha alterato in modo sostanziale i caratteri originari del territorio, comportando sia la perdita del patrimonio storico del tessuto urbano, sia quella della vocazione agricola. Basti pensare che dagli anni ‘80 la popolazione si attestava sui 20.000 abitanti, tra la fine degli anni ‘80, e gli inizi degli anni 2000, si è più che raddoppiata, fino a raggiungere i circa 50.000 abitanti.

Ciò è dovuto alla cementificazione selvaggia di terreni (una volta agricoli), senza un piano regolatore e non tenendo minimamente conto della esigua superficie comunale, di appena 7 km²; conseguenze dirette di tale abuso sono i problemi di viabilità e di inquinamento, causa del traffico intenso e degli ingorghi che si vengono a creare attraversando la città.

Ed è esattamente qui che la nostra storia ha inizio.

Fino al 2006 il territorio di Casarea, in particolare il terreno di Via Vecchiullo, era qualificato come “terreno agricolo”; magicamente nel 2006 è iniziata la costruzione di 16 palazzine di diversi piani (47 appartamenti). Quando furono scoperte erano strutture ancora grezze, una vera e propria cittadella, invisibile agli occhi dei rappresentanti delle istituzioni locali, che poi fu sciolta per infiltrazione camorristica, evidentemente gli alberi “della nota Foresta Amazzonica di Casalnuovo di 12 metri di altezza” ostruivano la visuale delle palazzine! La tv francese “France 2” dedicò uno speciale sulla vicenda, la notizia secondo cui alcuni controlli dei carabinieri fecero scoppiare il polverone fece il giro d’Europa. Mentre effettuavano un sopralluogo i militari scoprirono, siamo a gennaio 2007, dal nulla un’intera cittadella che si reggeva su di una montagna di carta straccia, la fabbrica degli atti falsi funzionava h24: certificazioni fasulle che facevano rientrare gli immobili nella sanatoria edilizia del 2003. Insomma, i costruttori esibirono documenti costruiti ad arte. Non servirono a nulla. Le case erano abusive.


A partire dal 2007 cominciò la demolizione che durò 3 anni fino al 2010.
Nel 2015 la svolta! Dopo il bando indetto dal comune di Casalnuovo nel 2014 il terreno passa in affidamento momentaneo ad A.R.S., vincitrice del bando, tante erano le idee per far rivivere l’area, di lì a poco, dopo una bonifica superficiale (dai continui sversamenti di rifiuti urbani), si sarebbero organizzati dei campi di volontariato con Libera, con i bambini delle scuole del territorio, i ragazzi del SIANI e volontari vari. Nel 2015 sono stati piantati circa 35 ulivi e 165 alberi da frutta autoctoni. Nel 2016 si è dato inizio alla coltivazione di piccoli orti sociali per la produzione di prodotti agricoli, dopo aver effettuato operazioni di  carotaggio del terreno. Attività che hanno puntato a far rinascere quei valori di legalità, solidarietà e rispetto, permettendo di rendere quel posto di confine situato nel quartiere di Casarea un luogo di cultura.

Cosa resta oggi? Oggi il terreno di via Vecchiullo è attualmente occupato “abusivamente” da 12 ragazzi che, con cuore e volontà, si impegnano per rivalutare quel terreno che fino a 11 anni fa era uno dei simboli dell’abusivismo. Un progetto iniziato il 10 gennaio che porterà alla realizzazione di un orto didattico, un orto sociale, una palestra all’aperto, un percorso per corridori, coinvolgendo così la comunità locale e le scuole, le stesse da cui vogliamo partire per cercare di piantare finalmente un seme di legalità.

Emiliana Raduazzo "È ora di piantarla"
Nelson Gaudiano "Corpi Civili di Pace"

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